A seconda della storia personale o di rispettive condizioni sociali e culturali, le persone reagiscono in maniera diversa alle stesse ferite o agli stessi disturbi. Questo perché la soglia della sensibilità non è per tutti la stessa. La percezione del dolore varia quindi di persona in persona e rivela in ognuno resistenze inattese o, al contrario, debolezze vere e proprie. 

Il dolore è definito come una sensazione spiacevole dovuta a un agente esterno o interno. Il dolore è una risposta essenziale per ogni vita umana, senza il dolore non si avrebbe la capacità di rispondere agli stimoli ambientali in maniera adeguata. Una soglia del dolore molto alta tende a incidere anche nella percezione degli aspetti quotidiani delle persone influenzando i comportamenti così come lo fa la sensazione di dolore prolungata e persistente. 

La capacità di sentire il dolore può essere infatti aumentata, in caso di iperalgesia o ridotta ipoalgesia, abolita analgesia per malattie organiche che ledono la ricettività, la conduzione o anche l’elaborazione centrale del dolore, oppure per turbe psichiche quali stati ansiosi, stati stuporosi e pseudo stuporosi. 

Inoltre, l’atteggiamento nei confronti del dolore non è mai sempre lo stesso. Per valutare il dolore, il medico non può fare altro che basarsi su quello che il paziente riferisce, ma ogni paziente è diverso, ha una storia diversa e una percettibilità del dolore differente. Per questo motivo il medico ha la responsabilità di conoscere in maniera approfondita i suoi pazienti entrando in comunicazione e in contatto con loro e stabilendo una relazione con il suo vissuto e tenendo particolarmente conto della sua testimonianza.  

Come il dolore influenza la vita

A livello mentale, lo stimolo doloroso ha un effetto diverso su ogni paziente. La soggettività del dolore è in qualche modo connaturata alla morfologia del sistema nervoso. Su questo fattore di tipo biologico si innestano poi elementi psicologici e sociali che possono influire su come il dolore viene vissuto o raccontato. 

Una volta premessa la soggettività del dolore, non resta altro che sottolineare come questo influisca pesantemente sull’aspetto sia fisico che psichico del paziente. Un dolore si definisce cronico quando si protrae per almeno tre mesi ininterrottamente. Stabilire il momento preciso nel quale il dolore si cronicizza non è facile e a volte lo stato psichico di chi vive questa sofferenza ne condiziona a sua volta la percezione diventando sia causa che effetto della sofferenza percepita. 

illustrazione del dolore cronico e dello stress che induce
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Aspetto fisico e psichico

Il dolore cronico è una malattia invalidante sotto molti aspetti. Sotto quello fisico può comportare diverse conseguenze: da una parte l’organismo si difende in questo modo ambiguo, dall’altra diventa particolarmente vulnerabile perché è impedito nei movimenti e nelle attività quotidiane. Un dolore cronico influenza la capacità motoria delle articolazioni, soprattutto in pazienti dall’età avanzata; condizioni dolorose come il mal di schiena, il mal di testa e il dolore temporo-mandibolare, quando sono consistenti nel tempo, influiscono sulla vita stessa e comportano altri tipi di patologie.

Non riuscire a muoversi per colpa di un mal di schiena cronico impedisce al fisico di essere in forma, di fare sport, in alcuni casi addirittura di camminare. Ciò si ripercuote sul sistema cardio-circolatorio, sulla salute fisica generale e sulla longevità. Così come un mal di testa a lungo andare può avere effetti sui sensi, sulle capacità di mettersi a lavoro, sulla possibilità di svolgere attività quotidiane, ma soprattutto potrebbe comportare conseguenze psicologiche portando il paziente a isolarsi sempre di più. 

Dal punto di vista psico sociale, il paziente affetto da dolore cronico è portato a soffrire anche di: 

  • alterazioni dell’umore
  • cambiamento delle condizioni affettive
  • tendenza al catastrofismo 
  • aumento del livello di stress
  • incapacità di affrontare le situazioni
  • isolamento 
  • degradazione del sistema cerebrale e della risposta intelligente

Vivere in una condizione di dolore cronico non è del tutto naturale. Per quanto senza il dolore l’uomo sarebbe vulnerabile e lasciato in balia dell’ambiente circostante, la sua risposta costante nel tempo tende a degradare e degenerare l’organismo stesso, mandando in frantumi l’intera identità di un individuo. 

La terapia del dolore

Nel caso di malattie inguaribili e di un problema organico con causa fisica stabilita, è necessario intervenire per far sì che il dolore si cronicizzi. Vi sono diverse terapie che consentono di far vivere al paziente una vita normale, per migliorare le condizioni fisico psichiche del paziente e del suo nucleo familiare. I malati, in Italia, possono accedere alla terapia del dolore secondo la legge 38 del 2010, e avere quindi accesso ai medicinali, se previsti, alle cure palliative, all’assistenza psicologica. 

Dolore cronico nei pazienti geriatrici
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La lotta contro la sofferenza

La lotta contro la sofferenza è una prerogativa umana per eccellenza. Da secoli l’uomo cerca soluzioni per combattere ogni tipo di dolore, attraverso il progresso medico scientifico è oggi possibile agire tempestivamente sulle cause del dolore oppure evitare che questo diventi cronico e influisca negativamente sulla vita di ognuno. 

Il dolore è il primo movente del consulto medico, e l’obiettivo di ogni medico è tenere a bada le cause di questo male. È importante quindi, quando ci si trova in difficoltà oppure un sintomo si manifesta ripetutamente, rivolgersi a qualcuno che sappia ascoltare e poi agire. Tralasciare di curarsi, oppure non prevenire, non ha alcuna utilità. Il benessere psicofisico di ogni persona dipende anche da quanto è disposta a vivere bene e a lottare per la propria vita.